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Te Deum perché neanche io sono “a posto”

di Gianmaria

Il 31 dicembre obbliga spietatamente a fare un bilancio dell’anno appena passato. Restano ancora tante cose da finire, e molte altre che non vanno. Eppure voglio solo dire “ti ringrazio, Signore, per l’anno appena trascorso”. Grazie per l’affetto della mia famiglia, e specialmente della mia nipotina: ha tre anni e non dice molte parole, ma le basta il suo sorriso per farmi capire quanto bene mi voglia incondizionatamente.

Grazie per i matrimoni di quest’anno, perché gli amici che si sono uniti in questo Sacramento, finalmente, lo sono per sempre. Grazie perché Tu ci ricordi che l’amore vero e duraturo non è quello delle favole, ma quello dove tra marito e moglie ci sei Tu.

Grazie per le amicizie. Quelle vecchie e quelle nuove. Grazie per chi abita a 20 Km di distanza e si preoccupa di chiamarmi se non mi faccio sentire per qualche giorno. Grazie anche per chi abita a 100 Km, ma guarda nella stessa mia direzione. “Desta dunque, o Dio, un uomo, in un posto qualsiasi della Terra…e permetti che guardandolo io possa ammirare Te”. Ecco. Quest’anno è successo davvero: non una volta ma quattro, cinque, sei volte. Ed è una meraviglia, perché è il segno che Tu non mi lasci mai solo. Fai che anch’io possa essere il Tuo volto per chiunque Ti cerchi: per un amico, per un bambino, per un perfetto sconosciuto. Per uno che crede, o uno che non crede. Fai che io possa portare loro speranza e non dolore.

Grazie per chi resta, e per chi hai chiamato a Te. Grazie per i giorni in cui ho lavorato, e quelli in cui non ho lavorato. Grazie per i giorni di sonno, di fatica e di buio. Grazie per le notti passate a scrivere, perché ho potuto vederti anche lì. Persino in ogni smacco, in ogni delusione nella mia ricerca di lavoro. Grazie per avermi messo vicino un tossico, un disperato, o un ex-carcerato sulla banchina della Stazione, perché mi ricordi che neanch’io sono “a posto”, anzi, non c’è giorno che non debba riconoscere il mio sporco e aggrapparmi a Te per poter vivere attraversando l’incertezza, il dubbio, le incognite che il futuro riserva.

Grazie perché mi hai fatto e mi hai reso Tuo figlio. E grazie perché mi hai insegnato che non c’è altra via alla felicità che accettarsi esattamente così come si è. L’altezza, il colore, l’impedimento fisico, sono importanti solo per chi giudica troppo alla svelta. Ma Tu non giudichi così Signore! Anzi è proprio attraverso il mio insieme imperfetto di pregi e difetti, di manie, di confusione, di buone e cattive abitudini che Tu puoi renderti visibile e operare.

Signore, quest’anno i miei anni sono 30. Forse dovrei iniziare a preoccuparmi, eppure non sono mai stato così felice come quando ho lasciato che Tu mi guidassi. “Fieramente corro”, verso di te, verso la mia realizzazione e il destino che Tu mi riservi. Non ho paura d’invecchiare, ho solo paura di guastare con le mie mani la felicità che hai preparato per me. Non lasciarmelo fare. Non lasciarmi.